Stiamo tutti diventando casalinghi: gli impatti sorprendenti sulla nostra salute, rivela un nuovo studio

Ti sei mai chiesto se passare molto tempo tra le comfort della tua abitazione possa davvero incidere su aspetti importanti come la salute o la vita sociale? Sembra che la risposta sia sì, e i motivi sono sorprendentemente più complessi di quanto possa sembrare.

Se ti capita di perderti in maratone di serie TV sul divano, sappi che non sei l’unico. Delle recenti osservazioni hanno messo in luce che molti di noi tendono a stare sempre più tempo tra le quattro mura di casa. Patrick Sharkey, un sociologo di Princeton, ha evidenziato come “quasi ogni aspetto della nostra vita tende ad essere vissuto sempre più tra le nostre mura domestiche”.

Questa abitudine di restare nel proprio bozzolo casalingo può avere un impatto notevole sia sul benessere fisico sia su quello emotivo, influenzando le dinamiche sociali e interpersonali. Analizziamo le ragioni di questo fenomeno e come esso possa influire su di noi, esplorando contestualmente delle strategie per mantenere saldo il legame con il mondo esterno.

Il perché siamo sempre più casalinghi: i motivi di fondo

La pandemia di COVID-19 ha sicuramente contribuito a questo fenomeno, ma secondo uno studio, la tendenza a chiudersi in casa era già in atto ben prima. Dal 2003, il tempo passato in casa è cresciuto di circa 30 minuti. Con l’emergenza sanitaria del 2020, si è assistito a un vero e proprio balzo, con più di due ore trascorse a casa rispetto a quanto non si facesse 17 anni prima. Sebbene i numeri abbiano subìto una leggera flessione, rimangono comunque al di sopra della normalità pre-pandemia.

Le ragioni di questa tendenza sono varie, ma sicuramente la tecnologia ha un suo peso dominante. Il lavoro da remoto, già in crescita pre-pandemia, è letteralmente esploso post-COVID, con il 35% delle persone che ora lavora da casa. Questo ha tagliato drasticamente i tempi di spostamento e ha semplificato la gestione delle faccende quotidiane dal proprio soggiorno. Anche internet ha il suo ruolo, permettendoci di fare shopping e socializzare senza muovere un passo fuori dalla porta.

Salute e relazioni al tempo del casalinghismo: cosa rivela lo studio

Avere la propria tana come rifugio permanente implica diverse conseguenze, tanto per il fisico quanto per i rapporti interpersonali. Lo studio del chirurgo generale degli Stati Uniti del 2023 parla di un’escalation nella “epidemia di solitudine e isolamento”. Anche cosi, stare a casa ha mostrato un incremento nel tempo trascorso con i familiari, a discapito però di quello con gli amici.

Da un punto di vista strettamente fisico, una vita casalinga può tendere al sedentarismo. Ci sono i suoi vantaggi, però: certe ricerche indicano che il lavoro da casa può abbassare lo stress, sia mentale che corporeo. Per quanto riguarda il benessere emotivo, l’interazione faccia a faccia resta essenziale, dato che i legami virtuali non possono sostituire il calore delle relazioni umane dirette.

Coltivare il sociale anche restando a casa

In questo nuovo mondo super domestico, non siamo comunque condannati all’isolamento. C’è modo di tenere vive le nostre connessioni con gli altri. Ad esempio, potremmo decidere di fare uno sforzo in più per chiamare amici e parenti, magari con videochiamate o un semplice SMS.

Una strategia è stilare una lista delle persone care con cui preferiamo tenere i contatti attivi. Se riusciamo a integrare nelle nostre routine degli spazi per queste comunicazioni, magari facendo una chiamata mentre si fanno altre cose, ci sentiremo meno soli. Infine, variare le nostre interazioni è importante, quindi vale la pena includere nell’elenco non solo amici intimi ma anche conoscenti occasionali e figure di passaggio nella nostra quotidianità.

“Nessun uomo è un’isola, intero in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto”, scriveva John Donne, eppure, in un’epoca di tecnologia avanzata e lavoro remoto, sembra che stiamo diventando sempre più isolati, trasformando le nostre case in fortezze dell’isolamento. Il nuovo studio di Patrick Sharkey non fa che confermare una tendenza preoccupante verso l’aumento del tempo trascorso tra le mura domestiche, con ripercussioni notevoli sulla nostra salute mentale e sulle relazioni sociali.

La pandemia ha certamente accelerato questa transizione, ma il seminato era stato gettato ben prima, con l’avvento del telelavoro e l’incremento delle interazioni virtuali. Questa “casamania” non solo ci ha resi più propensi a vivere in modo sedentario, ma ha anche ridotto i nostri contatti sociali, contribuendo a un senso di solitudine che, come evidenziato dallo studio, sta diventando un’epidemia a sé stante.

La sfida ora è riscoprire l’equilibrio tra il conforto domestico e l’essenziale bisogno umano di connessione e comunità. Forse è tempo di rivalutare i nostri spazi e modi di interazione, cercando soluzioni che ci permettano di mantenere i legami sociali e la salute mentale, anche in un mondo che sembra spingerci sempre più verso l’interno.

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